Mer. Ott 30th, 2024

Il 5 maggio 1998 una pioggia incessante colpisce la provincia di Salerno. Dalle due del pomeriggio oltre 140 frane si abbattono sui comuni di Quindici, Bracigliano, Siano, San Felice a Cancello, Sarno e altri centri del salernitano e del napoletano, riversando oltre 2 milioni di metri cubi di materiale. A perdere la vita sono 160 persone, 137 delle quali solo a Sarno. Centinaia i feriti, migliaia le persone senza casa. In termini di vittime, Sarno è il più grave disastro idrogeologico che colpisce l’Italia negli ultimi 50 anni, dopo il Vajont nel 1963 e Stava nel 1985.

Alle 17.30 del 5 maggio la prefettura di Salerno, cui spetta il coordinamento della protezione civile nella provincia, è concentrata su Bracigliano, Quindici e Siano dove la situazione sembra più grave e dove dalle prime colate i sindaci hanno già disposto l’evacuazione. A Sarno non scatta invece l’allarme per la popolazione e, intorno alle 18, ha inizio una delle tragedie più pesanti mai affrontate dal nostro Paese. Le forze dell’ordine fanno il possibile per aiutare la popolazione a evacuare le zone colpite. Intorno alle 20 la situazione precipita: una gigantesca onda travolge persone, case, automobili. Alle 23.45 Sarno è devastata da un’altra frana, che si abbatte sull’abitato alla velocità di 50-60 chilometri orari.

I soccorsi arrivano da tutta Italia. La ricerca dei dispersi si svolge con il massimo coinvolgimento di uomini e mezzi e  a seguire le attività in prima persona è Franco Barberi , sottosegretario al Ministero dell’Interno con delega alla protezione civile. Per fronteggiare la situazione emergenziale sono costituiti diversi Centri operativi. Le attività di ricerca e soccorso si concludono l’8 maggio con il salvataggio di un ragazzo sepolto nel fango, l’ultimo dei sopravvissuti alla catastrofe.

Lo stato di emergenza per Sarno viene dichiarato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 maggio 1998 e successivamente prorogato più volte. L’ordinanza n. 2787 del 1998 nomina commissario delegato il Presidente della Regione Campania, la cui struttura commissariale oltre ad attuare il piano degli interventi strutturali predispone nei comuni coinvolti un “Piano di emergenza interprovinciale-rischio colate di fango” attivato da un sistema di monitoraggio idro-pluviometrico che in fasi successive – presidio territoriale, allerta, preallarme e allarme – attiva le risorse di protezione civile.

L’evento di Sarno, dal punto di vista del monitoraggio e della sorveglianza degli eventi idrogeologici, ha determinato un decisivo cambiamento di rotta nell’approccio al rischio, fino ad allora caratterizzato prevalentemente da interventi strutturali e da attività di soccorso e di assistenza.

Le frane che colpirono la zona quel giorno furono della tipologia chiamata “colate rapide di fango”, cioè frane che non coinvolgono la roccia ma il materiale che si trova sopra. Questo tipo di frana si muove molto rapidamente coinvolgendo i corsi d’acqua che si trovano nell’area interessata. Queste colate rapide sono causate solitamente dalle piogge intense, perché l’acqua si infiltra nel terreno e lo mette in moto.

Nelle 48-72 ore prima delle frane piovve molto in Campania: 150 millimetri nella zona di Sarno, 240 millimetri nei paesi collinari e 400 millimetri nella zona montuosa da dove partirono poi le colate.

La prima colata rapida di fango si staccò dal versante nordest del Pizzo d’Alvano, nella zona di Quindici, e sfiorò le case. Circa due ore più tardi una frana di dimensioni maggiori colpì il paese fino al centro cittadino, invadendo strade e case. Morirono undici persone.

Contemporaneamente, sull’altro versante, si staccarono altre colate che colpirono i paesi di Siano, Bracigliano e Sarno. Alle 16:45 un funzionario di polizia di Sarno avvertì la prefettura di Salerno delle frane mentre un quarto d’ora prima, alle 16:30, il parroco della frazione di Episcopio aveva telefonato ai vigili del fuoco preoccupato per l’acqua che stava scendendo dal Pizzo d’Alvano. Alle 18 due colate colpirono Sarno, nella frazione di Episcopio e nella parte più a est. Qui ci furono i primi tre morti di Sarno. Alla stessa ora un’altra frana colpì Quindici.

Alle 18:30 il prefetto di Salerno convocò il Centro coordinamento dei soccorsi che si riunì circa venti minuti dopo. Alle 19, ma solo in base a notizie informali, l’Ufficio volontariato del Dipartimento della Protezione Civile di Roma allertò le associazioni di volontariato della zona.

Attorno alle 20 una serie di colate molto potenti colpì Sarno, soprattutto le frazioni di Episcopio e San Vito. Morirono altre 47 persone. Intanto i primi nuclei di volontari, e cioè la colonna Vesuvio composta da 12 associazioni locali e vigili del fuoco in pensione, aveva raggiunto la zona. Alle 22 un’altra colata di fango invase viale Margherita, a Sarno: morirono quattro persone.

I feriti furono portati all’ospedale Villa Malta di Sarno. Alle 22:30 il prefetto di Salerno inviò il primo fax alla Protezione Civile a Roma informando di consistenti movimenti franosi a Bracigliano, Siano e Sarno e comunicando l’avvenuta evacuazione di alcune famiglie ricoverate in istituti scolastici. Furono richiesti all’esercito 300 lettini.

 

Alle 24 Sarno fu colpita dalle ultime colate, le più forti, che invasero case e strade e fecero crollare l’ospedale. Morirono 86 persone. Oltre ai morti di Sarno e Quindici morirono sette persone a Bracigliano, cinque a Siano e una a San Felice a Cancello.

Sono trascorsi 26 anni dal drammatico evento che ha segnato profondamente la vita delle comunità di Sarno, Bracigliano, Siano, Quindici e San Felice a Cancello.
La storia ci insegna quanto fondamentale sia essere preparati e resilienti di fronte ai rischi naturali per prevenirli e mitigarne gli effetti: da Sarno nacque il moderno sistema di monitoraggio e sorveglianza che si basa sui Centri Funzionali, quelli che oggi provvedono all’emanazione delle allerte meteo.
In questo giorno di riflessione, il nostro cuore è con le famiglie delle vittime.
Esprimiamo la nostra vicinanza alle persone colpite dall’alluvione del 5 maggio 1998 e rinnoviamo il nostro impegno a lavorare insieme per una maggiore prevenzione e protezione.
La memoria di quelle vittime continuerà a guidarci nel nostro costante impegno per un futuro più sicuro e resiliente.
(fonte da ilpost.it)
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